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Lorenz Oken (Hrsg.): Isis


ISIS

oder
Encyclopädische Zeitung.
I. 13. 1817.


Da in Deutschland wohl einige Millionen solcher Gebildeten seyn mögen, die die Sprachen unserer Nachbaren verstehen, und es denselben angenehm seyn wird, da man liebt was man kann und versteht, manchmal einiges Anziehendes zu lesen, um in der Uebung zu bleiben; so werden wir nach Vorkommen solche Aufsätze in der Ursprache abdrucken lassen, welche der allgemeinen Bildung angehören.

Baronessa di Staël
Sulla maniera e la utilità delle Traduzioni.
(Biblioteca Italiana 1816.)

Trasportare da una ad altra favella le opere eccellenti dell’ umano ingegno è il maggior benefizio che far si possa alle lettere; perchè sono sì poche le opere perfette, e la invenzone in qualunque genere è tanto rara, che se ciascuna delle nazioni moderne volesse appagarsi delle ricchezze sue proprie, sarebbe ognor povera: e il commercio de’ pensieri è quello che ha più sicuro profitto.

I dotti e anche i poeti, in quella età che gli studj risorsero, pensarono a scriver tutti in una medesima lingua, cioè latino, perchè non volevano che ad essere intesi lor bisognasse di venire tradotti. Il che poteva giovare alle scienze, le quali non cercano le grazie dello stile per esprimere i loro concetti. Ma da ciò accadde che il più degl’ Italiani ignorasse quanta dovizia di scienze abbondasse nel paese loro, perchè il maggior numero di quelli che potevano leggere non sapeva latino. E d’altra parte, per adoperare questa lingua nelle scienze e nella filosofia bisogna creare vocaboli che ne’ Romani scrittori ci mancano. Laonde i dotti d’ Italia venivano ad usare una lingua che era morta, e non antica. I poeti non uscivano dalle parole nè dalle dizioni de’ classici: e l’ Italia, udendo tuttavia sulle rive del Tevere [98] e dell’ Arno e del Sebeto e dell’ Adige la favella de’ Romani, ebbe scrittori che furono stimati vicini allo stile di Virgilio e di Orazio, come il Fracastoro, il Poliziano, il Sannazaro: dei quali però se non è oggidì spenta la fama, giacciono abbandonate le opere, che dai soli molto eruditi si leggono: tanto à scarsa e breve la gloria fondata sulla imitazione. E questi poeti di rinnovata latinità furono rifatti Italiani dai lor concittadini: perocchè è opera di natura che la favella, che è compagna e parte continua di nostra vita, sia anteposta a quella che da’ libri s’ impara, e si trova solamente ne’ libri.

So bene che il miglior mezzo per non abbisognare di traduzioni sarebbe il conoscere tutte le lingue nelle quali scrissero i grandi poeti, greca, latina, italiana, francese, spagnuola, inglese, tedesca. Ma quanta fatica, quanto tempo, quanti aiuti domanda un tale studio! Chi può sperare che tanto sapere divenga universale? e già all’ universale dee por cura chi vuol[WS 1] far bene agli uomini. Dirò di più: se alcuno intenda compiutamente le favelle straniere, e ciò non ostante prenda a leggere nella sua propria lingua una buona traduzione, sentirà un piacere per così dire più domestico ed intimo provenirgli da que’ nuovi colori, da que’ modi insoliti, che lo stil nazionale acquista appropriandosi quelle forestiere bellezze. Quando

Anmerkungen (Wikisource)

  1. Vorlage: voul
Empfohlene Zitierweise:
Lorenz Oken (Hrsg.): Isis. Brockhaus, Jena 1817, Seite 97–98. Digitale Volltext-Ausgabe bei Wikisource, URL: https://de.wikisource.org/w/index.php?title=Seite:Isis_1817_49.jpg&oldid=- (Version vom 22.8.2018)